II movimento caritativo delle Misericordie fonda il suo operato sulle parole del Vangelo:
“Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. Rispondendo, il re dirà loro: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25, 35-40).
Sono le parole evangeliche che trovano eco nel messaggio consegnato dal pontefice San Giovanni Paolo II alle Misericordie nell’udienza del 14 giugno 1986, che segnò un nuovo corso storico delle Misericordie italiane alla vigilia del terzo millennio:
“La vostra attività si ispira al Vangelo di Gesù e in modo peculiare alle opere di misericordia che lo stesso Maestro e Signore ha indicato, quando parlò del giudizio finale ai suoi discepoli (cf. Mt 25, 31-46). Profondendo generosamente le vostre energie verso il prossimo maggiormente bisognoso di solidarietà e di aiuto, voi volete diventare sempre più simili al buon samaritano, mentre ritrovate pienamente voi stessi attraverso il vostro dono sincero di voi stessi. (cf. Gaudium et Spes, 24) Al riguardo, penso alla vostra opera che si esplica mediante il servizio di ambulanze, come pure mediante i “Gruppi Fratres” per la donazione del sangue. Inoltre so che cooperate con la protezione civile, mediante la “Colonna mobile sanitaria di pronto impiego” e alla “Centrale Radio Mobile” per il coordinamento dei soccorsi.
Mi è caro ricordare però anche il vostro ministero più specificamente spirituale in favore dell’uomo: l’uomo solo, emarginato, povero, handicappato. Nell’enciclica Redemptor Hominis ho affermato che “l’uomo è in un certo senso la via della Chiesa”. Voi la percorrete in spirito di comunione e di fedeltà al Vangelo e a tutta la Tradizione quando vi fate carico di ogni problematica della persona, ponendovi accanto all’uomo e attuando per esso “la misericordia del Padre”, resa visibile in Cristo e per mezzo di Cristo. Per tale motivo il vostro servizio si connota come volontariato cristiano. Infatti, anche se per molteplici aspetti la solidarietà e l’aiuto di altri cittadini generosi sono simili alla vostra azione, questa possiede una fisionomia specifica: quella cioè di servire il prossimo, custodendo e tenendo viva nella propria mente e nel proprio cuore la presenza di Gesù, e di vedere in ogni uomo sofferente il Cristo, il quale con parole persuasive insegna: “Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatta a me” (Mt 25, 40).
Questo messaggio di San Giovanni Paolo II è stato ripreso e arricchito dalle parole pronunciate da Papa Francesco, a distanza di 28 anni, nel giugno del 2014:
“Le “Misericordie”, antica espressione del laicato cattolico e ben radicate nel territorio italiano, sono impegnate a testimoniare il Vangelo della carità tra i malati, gli anziani, i disabili, i minori, gli immigrati e i poveri. Tutto il vostro servizio prende senso e forma da questa parola: “misericordia”, parola latina il cui significato etimologico è “miseris cor dare”, “dare il cuore ai miseri”, quelli che hanno bisogno, quelli che soffrono.
È quello che ha fatto Gesù: ha spalancato il suo Cuore alla miseria dell’uomo. Il Vangelo è ricco di episodi che presentano la misericordia di Gesù, la gratuità del suo amore per i sofferenti e i deboli. Dai racconti evangelici possiamo cogliere la vicinanza, la bontà, la tenerezza con cui Gesù accostava le persone sofferenti e le consolava, dava loro sollievo, e spesso le guariva. Sull’esempio del nostro Maestro, anche noi siamo chiamati a farci vicini, a condividere la condizione delle persone che incontriamo. Bisogna che le nostre parole, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti esprimano la solidarietà, la volontà di non rimanere estranei al dolore degli altri, e questo con calore fraterno e senza cadere in alcuna forma di paternalismo.
Imitiamo Gesù – è ancora l’invito sollecito di Papa Francesco – Egli va per le strade e non ha pianificato né i poveri, né i malati, né gli invalidi che incrocia lungo il cammino; ma con il primo che incontra si ferma, diventando presenza che soccorre, segno della vicinanza di Dio che è bontà, provvidenza e amore.
L’attività delle vostre associazioni si ispira alle sette opere di misericordia corporale, che mi piace richiamare, perché farà bene sentirle un’altra volta: dare da mangiare agli affamati; dare da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti. Vi incoraggio a portare avanti con gioia la vostra azione e a modellarla su quella di Cristo, lasciando che tutti i sofferenti possano incontrarvi e contare su di voi nel momento del bisogno.”